L'Italia, come tutti i paesi dell'Europa occidentale, conosce ormai una presenza crescente di immigrati extracomunitari, dei quali una larga parte proviene da paesi islamici. Una conseguenza di rilievo di tale fenomeno l'aumento di quelli che con termine poco elegante vengono chiamati "matrimoni misti". In prospettiva giuridica, tale tematica chiama in causa problemi di diritto internazionale privato, la cui gravita' si manifesta, soprattutto, nellevenienza di una separazione, e del successivo affidamento dei figli minori ad uno dei due coniugi. L'aspetto pi problematico riguarda la componente religiosa e culturale di queste unioni, dalla quale non si pu prescindere per analizzare l'argomento. Le difficolta' che si incontrano a far valere, in un paese arabo, la decisione resa da un giudice in Europa, o viceversa, a far valere in Europa la decisione resa da un giudice di un paese arabo, sorgono, tanto in relazione ai matrimoni tra stranieri immigrati, quanto ai matrimoni misti. In questultimo caso bisogner tenere conto della tendenza naturale del giudice a considerare con maggiore attenzione gli interessi del cittadino, rispetto a quelli dello straniero. Riguardo allo statuto personale, nei paesi dell'area maghrebina, della quale mi sono specificamente occupata, vige la regola dell'applicazione agli stranieri della loro legge nazionale. Se, tuttavia, nel rapporto coinvolto un cittadino dello Stato, sar la lex fori a trovare applicazione. Oltre a questo privilegio di nazionalit, opera, anche il privilegio di credo, infatti, se lo straniero di religione islamica, viene sottratto alla legge nazionale laica e sottoposto alle regole sciaraitiche, cos come codificate dalla lex fori.Ci spiegato dalla dottrina e dalla giurisprudenza, nei termini della difesa dell'ordine pubblico e porta alla virtuale vanificazione del sistema confilittuale, fondato sul criterio della cittadinanza, ogni volta che lo straniero mussulmano.
Il matrimonio concluso in Italia, davanti allufficiale dello stato civile, verr in genere riconosciuto nel mondo arabo, dove comunemente accolta la regola locus regit actum. Lunica eccezione costituita dal Marocco dove, la giurisprudenza e la prassi legislativa, non riconoscono il matrimonio contratto da un cittadino allestero, che si tratti di matrimonio misto oppure no. Occorre, in tal caso, che il matrimonio venga regolarizzato, con il ricorso al consolato o direttamente in Marocco.
Invece il matrimonio tra una mussulmana e un non mussulmano concluso in Italia non sar considerato come valido, n produrr i suoi effetti tipici, infatti un matrimonio multi religioso si scontra nei paesi islamici con il principio irrinunciabile dell'impedimento della diversita' di fede. La donna mussulmana che si sposa con un non mussulmano inoltre, sar spesso oggetto di pressioni e minacce da parte della famiglia e comunque, la possibilita' che il matrimonio sia riconosciuto nel paese islamico, dipende dalla conversione dell'uomo allIslam. E importante segnalare invece che la non mussulmana che sposa il mussulmano, non ha alcun obbligo di conversione; il diritto mussulmano le garantisce anzi, di poter continuare a praticare liberamente la propria religione.
Lo straniero mussulmano che contrae matrimonio nei paesi di religione islamica pu praticare la poligamia, ma naturalmente, non gli possibile concludere il successivo matrimonio, secondo la legge italiana. Resta dubbio se il matrimonio poligamico possa essere contratto nel territorio dello stato europeo, presso il consolato del paese straniero, ma certo che questo possa essere concluso nel paese di origine. La moglie pu, in tal caso, chiedere il divorzio che le sar concesso tanto in Italia, che nel paese arabo.
Lo scioglimento del matrimonio misto regolato dalla legge italiana, se la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata in Italia, ma se il marito rientra nel paese dorigine, potr ripudiare la moglie e sciogliere cos, con la massima facilit, il matrimonio. Nel caso sia la moglie a voler vedere riconosciuti gli effetti del ripudio in Italia, lordine pubblico non dovrebbe costituire un ostacolo.
I problemi pi gravi sono quelli che, in conseguenza del divorzio, coinvolgono i figli; questi problemi, nei matrimoni misti euro-arabi sono percepiti con particolare acutezza, da entrambe le parti, perch caricati di valenze religiose. Se lo scioglimento del matrimonio ha luogo in Italia, il giudice italiano dispone sullaffidamento dei figli in base alla legge italiana. Ci ribadito dalla Corte dAppello di Roma, infatti in una sentenza questa sostiene che, ai sensi dell'art.4 cod. proc. Civ., applicabile per analogia ai procedimenti di volontaria giurisdizione, sussiste la giurisdizione della magistratura italiana, al fine di decidere sullesercizio della patria potesta' nei confronti di un figlio legittimo, cittadino italiano, nato da madre italiana e da padre cittadino straniero, che abbia accettato la giurisdizione italiana, rivolgendosi al giudice italiano. Tuttavia, Se la coppia vive nel paese arabo, ovvero si cerca di far valere la decisione italiana in tale paese, la madre non mussulmana otterra' con difficolta' l'affidamento dei figli, per ragioni di ordine pubblico o in base ad argomentazione basata sulla valutazione dell'interesse del bambino. Se vi ragione di temere che la madre allontani i figli dalla religione mussulmana, il suo diritto alla custodia viene meno, mentre se la donna decide di convertirsi, pu conservare la custodia. Essa deve, tuttavia, rinunciare a risposarsi e vivere in un luogo, generalmente la citta' del marito, in cui non sia difficile per costui esercitare la potesta' paterna sul figlio.
In alcuni casi il conflitto nella coppia culmina nella sottrazione del minore, in tali situazioni trova applicazione la Convenzione dell'Aja che ha, fra i suoi scopi, quello di giudicare in caso di rapimento, e di tentare di risolvere la questione in tempi brevi, per limitare al massimo i danni ai bambini coinvolti. Tuttavia, la Convenzione si pu applicare, solo se un Tribunale dei minori ha affidato il bambino alla madre italiana; se invece il rapimento avviene durante la normale vita di coppia, la Convenzione non pu nulla. Da una serie di convenzioni concordi, recepite dal nostro ordinamento con esplicite leggi desecuzione, si ricava il principio operativo, ed attuabile concretamente, secondo cui il minore allontanato arbitrariamente dalla sua residenza affettiva e psicologica, ha diritto ad esservi al pi presto ricondotto. Il Tribunale per i minorenni pu, infatti ai sensi dell'art.336 cod. civ., ordinare al padre di ripristinare il regime di affidamento, disposto dal Presidente del tribunale.
Tuttavia l'orientamento giurisprudenziale su un argomento cos spinoso non univoco, infatti la Corte Suprema (n.10090, datata 25/10/80)sostiene che il giudice nazionale adito, con richiesta di separazione personale, pur non essendo privo di giurisdizione, tenuto a sospendere ogni decisione a riguardo dell'affidamento, sino alla definizione del procedimento di riconsegna del minore.
Poich i minori figli di italiani e stranieri hanno la doppia cittadinanza, quando vengono sottratti, il primo problema che si pone quale legge applicare. In base alla Convenzione dell'Aja, si deve applicare il criterio della residenza abituale e la giurisprudenza si colloca in tale orientamento ,basandosi sul presupposto che la Convenzione considera totalmente irrilevante lesistenza di un titolo giuridico di affidamento, come uneventuale pronuncia di provvedimento giurisdizionale straniero, in quanto questa ha lo scopo di tutelare laffidamento dei minori, quale situazione di mero fatto, da reintegrare con limmediato ritorno del minore nel proprio Stato di residenza abituale. Ma le dolenti note sorgono nel momento in cui il giudice italiano chieda al giudice dell'area, ad esempio, maghrebina di rispettare tale normativa: nei paesi islamici infatti vige unaltra regola: in caso di separazione, i figli fino a otto o tredici anni restano con la madre, poi devono passare sotto la tutela del padre. In questo le due legislazioni sono inconciliabili e lunica soluzione la trattativa caso per caso. Una deroga, al dovere dello Stato, che ne sia richiesto, di ordinare limmediato rimpatrio del minore nel proprio Stato di residenza abituale, in caso di trasferimento illecito, prevista, nel caso in cui, colui che si oppone al rientro dimostri che, per effetto del ritorno, il minore sarebbe esposto al fondato rischio di pericoli fisici o psichici, o possa trovarsi in una situazione intollerabile. Questa deroga si estende anche al caso in cui il minore stesso si opponga al rimpatrio e abbia raggiunto unet e una maturit, in cui si ritiene opportuno tenere conto di questa opinione.
Nei paesi islamici, che non rispettano la Convenzione, lunica strada spesso quella degli accordi bilaterali tra Stati. In Italia si occupa di questi problemi l'Autorita' Centrale italiana per i bambini contesi, che raccoglie le denunce del genitore italiano, al quale il coniuge straniero ha sottratto il figlio e poi tratta con uffici analoghi nel paese straniero, per riportare in patria il bambino. Non sempre questa mediazione riesce, infatti, la percentuale dei casi risolti del 50%.Il Parlamento europeo, in data 18/7/96 ha emanato, in materia di sottrazione di minori, una risoluzione nella quale si sottolinea la necessita' di una maggiore cooperazione tra gli Stati membri e si chiede che la Convenzione di Bruxelles del 1968 sia riveduta, in modo da ampliarne il campo di applicazione alla posizione e alla capacita' giuridica delle persone fisiche e ai rapporti matrimoniali.
Inoltre, il Parlamento invita gli Stati membri dell'Unione a esaminare la diversit di applicazione delle disposizioni contenute nella Convenzione dell'Aja e in quella di Lussemburgo e a concentrare gli sforzi per armonizzare le procedure. Questo ritiene che le cause vertenti sulla sottrazione di minori debbano essere giudicate da organismi specializzati, che conoscono le procedure delle relative convenzioni e invita gli Stati membri a designare dei tribunali, a livello centrale, competenti in materia.
Di applicazione in Italia delle regole sciaraitiche in materia di matrimonio, si discute anche in prospettiva diversa, cio in vista della stipulazione di unintesa tra lo Stato italiano e la rappresentanza della confessione islamica. La redazione della bozza degli anni 90, ma resta un testo di riferimento. Larticolo primo afferma che, in conformita' ai principi della Costituzione, sia riconosciuto il diritto di professare e praticare liberamente la religione islamica, di farne propaganda e di esercitare in pubblico e in privato i culti e i riti; tra le richieste avanzate dalle comunita' mussulmane, sia in Italia che negli altri paesi europei, c quella della sottoposizione dei rapporti di famiglia, compresi quelli successori, alla legge islamica. Inoltre, si domanda che siano riconosciuti gli effetti civili, ai matrimoni celebrati in Italia secondo il rito islamico, davanti alle guide del culto. Tuttavia, anche chiesta la possibilita' di sciogliere i matrimoni, secondo il diritto mussulmano, senza nessun effetto civile; ci equivale allintroduzione del diritto di famiglia islamico, con la possibilita' di ripudio unilaterale e della poligamia. Tutto questo richiesto senza nessun effetto civile, per cui resterebbe nella sfera del privato e lo Stato dovrebbe ignorarlo.
Va chiarito che i mussulmani stranieri, che si trovano sul territorio italiano, sono sottoposti al diritto islamico, cos come risulta codificato nelle leggi in vigore nei rispettivi stati di appartenenza e i conflitti che eventualmente sorgano tra le diverse varianti nazionali della Sharia e il diritto italiano, sono risolti in Italia, secondo le regole poste da diritto internazionale privato italiano.
Il Consiglio dell'Unione europea ha redatto inoltre in materia una risoluzione riguardante i matrimoni fittizi, considerando tali quelli che costituiscono un mezzo per eludere le norme relative allingresso e al soggiorno dei cittadini di paesi terzi. Qualora esistano fattori a sostegno del fatto che si tratti di un matrimonio fittizio, gli Stati membri devono rilasciare al cittadino di un paese terzo il permesso di soggiorno o un titolo di soggiorno in virta' del matrimonio, solo previa verifica da parte delle autorit competenti, secondo la legislazione nazionale, che il matrimonio non fittizio e che sono soddisfatte le altre condizioni relative allingresso e al soggiorno. Allorch le autorita' competenti stabiliscano che il matrimonio fittizio, il permesso di soggiorno viene di norma, ritirato, revocato o non rinnovato. Il cittadino del paese terzo ha, per, la possibilita' di contestare o di far riesaminare, conformemente al diritto nazionale, una decisione di rifiuto, di ritiro o revoca del permesso di soggiorno, sia dinnanzi ad un organo giurisdizionale, che dinanzi all'autorita' amministrativa competente.
La materia dei matrimoni euro-arabi in continua evoluzione e porta con se, soprattutto perch le persone coinvolte hanno alle spalle cultura e religione diversa, problematiche di non facile soluzione.
Tuttavia la crescente contaminazione culturale a cui il nostro vecchio continente sta assistendo dovrebbe far riflettere, a mio modesto avviso, sul fatto che non si tratta solamente di mutare le leggi in favore della situazione attuale, ma di comprendere lo spirito che sta alla base delle normative di tali paesi, i quali gi hanno fatto in questi ultimi anni grandi passi avanti per ammodernare il loro diritto di famiglia, ma dai quali non possiamo nemmeno pretendere che questo diventi speculare a quello dei "laicissimi" paesi occidentali.
Dott.ssa Katia Bann
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