Corte Suprema di Cassazione
Giurisprudenza Civile e Penale
Sentenza n. 13823 dell'8 novembre 2001
SOTTRAZIONE ILLECITA DI FIGLIO MINORENNE - ACCERTAMENTO DELLA RESIDENZA DEL MINORE.
(Sezione Prima Civile - Presidente R. De Musis - Relatore G. Luccioli)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con comunicazione del 5 maggio 2000 l'autorità centrale presso l'Ufficio per la giustizia minorile trasmetteva al Tribunale per i Minorenni di Napoli l'istanza di M. S., cittadina americana e madre di (omissis), nata a Castel Volturno il 13 luglio 1996, con la quale si chiedeva il rimpatrio della minore negli Stati Uniti, deducendosi che il padre A. M. l'11 novembre 1999 aveva condotto con sè la bambina in Italia senza il suo consenso.
Con decreto del 25 - 26 maggio 2000 il Tribunale per i Minorenni rigettava l'istanza, rilevando che la minore, titolare della doppia cittadinanza, era sempre vissuta in Italia, ad eccezione di un breve soggiorno di circa quaranta giorni a Chicago, che non conosceva la lingua inglese e non era stata inserita in una scuola americana, onde non poteva ritenersi che avesse negli Stati Uniti la propria residenza abituale: conseguentemente negava la sussistenza di una illecita sottrazione ai sensi della Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980, ratificata in Italia con legge 15 gennaio 1994 n. 64.
Avverso tale decreto ha proposto ricorso per cassazione la S. deducendo quattro motivi. Non vi controricorso.
Alla precedente udienza del 23 gennaio 2001 questa Suprema Corte ha disposto l'integrazione del contraddittorio nei confronti del pubblico ministero presso il giudice a quo, cui il ricorso non era stato notificato. Espletato l'incombente nel termine all'uopo concesso, stata fissata l'udienza odierna per la discussione del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione dell'art. 7 della legge n. 64 del 1994, si deduce l'errore del Tribunale per i Minorenni per aver negato che si fosse radicata la residenza della minore negli Stati Uniti, confondendo la durata della permanenza a Chicago con l'interruzione di essa a causa dell'illecita sottrazione da parte del padre e non tenendo conto che la bambina non era stata iscritta ad una scuola materna americana a causa della chiusura estiva e della non ancora completata organizzazione della vita familiare negli Stati Uniti. Si deduce altresì che il padre ha violato i suoi obblighi genitoriali omettendo di fornire alla figlia il necessario sostegno economico.
Con il secondo motivo si deduce violazione della Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980, per avere il Tribunale omesso di ripristinare la situazione di fatto tutelata da detta Convenzione, erroneamente ritenendo che la minore avesse la propria residenza in uno sconosciuto indirizzo in Italia ed affidando la medesima al coniuge disoccupato e privo di reddito.
Con il terzo motivo, denunciando violazione dell'art. 31 comma 2 e 32 comma 1 Cost., si deduce che l'affidamento della minore al padre, che vive unitamente ad altri congiunti a carico del proprio genitore affetto da cardiopatia e non in grado di mantenere una famiglia numerosa, senza che la madre possa controllare la situazione e le condizioni psicofisiche della figlia, costituisce violazione del diritto costituzionalmente garantito di esercitare le funzioni materne, specie nei primi anni di vita del bambino, e del diritto alla salute psichica della minore.
Con il quarto motivo, denunciando violazione dell'art. 7 comma 3 della legge n. 64 del 1994, si deduce che il Tribunale per i Minorenni ha erroneamente omesso di assumere le necessarie informazioni sulla situazione economica e lavorativa del Marciano, nonché su quella del suo nucleo familiare di origine, nel quale la bambina è stata inserita.
I motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per la loro logica connessione, sono infondati.
Come noto, la Convenzione del L'Aja del 25 ottobre 1980 - pacificamente applicabile nella fattispecie in esame - diretta precipuamente a tutelare, per la parte che qui rileva, l'interesse del minore "contro gli effetti nocivi derivanti da un suo trasferimento mancato rientro illecito", secondo la precisa enunciazione del suo preambolo, ha inteso assicurare l'immediato rientro "nel proprio Stato di residenza abituale", quale condizione primaria ed ineludibile per proteggere il minore, salve le ipotesi eccezionali previste nell'art. 13, sulla base di una valutazione di prevalenza a priori dell'interesse del medesimo a ritornare nella sua residenza abituale, attraverso la previsione di forme di tutela dirette a ripristinare prima di ogni altra statuizione il precedente affidamento, assunto come situazione di mero fatto - e quindi a prescindere dall'esistenza di un titolo giuridico di affidamento -, così da scoraggiare ogni forma di "legal kidnapping" da parte del genitore non affidatario o di altri parenti residenti in un altro Stato (v. sul punto, tra le altre, Cass. 2000 n. 15295, in motiv.; 2000 n. 3701; 1998 n. 9501; 1998 n. 9499, in motiv.; 1998 n. 6235; 1997 n. 507, in motiv.).
A tali principi si è pienamente attenuto il Tribunale per i Minorenni, che procedendo alla necessaria verifica dei presupposti in fatto integranti la prospettata sottrazione illecita della minore ha accertato - fornendo sul punto adeguata ed ampia motivazione, non suscettibile di censure in questa sede - che la bambina aveva sempre vissuto in Italia con il padre e la sua famiglia di origine, ad eccezione di un brevissimo periodo di permanenza negli Stati Uniti nell'autunno del 1999, e che quest'ultimo soggiorno, sia per i suoi strettissimi limiti temporali sia perché non segnato da iniziative di concreto inserimento nella vita e nella scuola di quel Paese, non aveva determinato alcun radicamento della minore nel nuovo ambiente, così da doversi escludere che negli Stati Uniti ella avesse assunto la propria residenza, intesa in termini di "abitualità", secondo l'espressa indicazione contenuta nella Convenzione in esame. Sulla base di tale accertamento il Tribunale ha correttamente escluso che nella condotta del padre fossero ravvisabili gli estremi dell'illegittimo trasferimento costituente l'indispensabile presupposto per l'emissione della misura reintegratoria invocata.
Quanto agli altri profili dei motivi di ricorso sopra sintetizzati, vanno ritenute inammissibili, in quanto inerenti al merito dell'affidamento, le deduzioni svolte circa la inadeguatezza del padre, specificamente sotto il profilo economico, a prendersi cura della minore e per converso circa f essenzialità della funzione materna e l'interesse preminente di una bambina ancora in tenera età ad essere accudita dalla madre.
Parimenti inammissibile appare la doglianza di omessa assunzione di informazioni sulla situazione economica e lavorativa del M. e della sua famiglia, atteso che l'art. 7 comma 3 della legge n. 64 del 1994 rimette al presidente del tribunale per i minorenni la valutazione della opportunità di assumere ("se del caso") sommarie informazioni prima della fissazione dell'udienza in camera di consiglio.
Il ricorso deve essere in conclusione rigettato.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese di questo giudizio di cassazione, non avendo svolto l'intimato attività difensiva.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso.