Gentilissimo Sig. Bruno Poli, Le confermo le attività che ho svolto, secondo i Suoi suggerimenti, al fine di riportare a casa mia figlia Ambra dalla Tunisia ove il padre me l'aveva sottratta.
Ho impiegato quasi 2 anni per riavere mia figlia, adottando le seguenti strategie:
1) Portare la causa in tribunale lontano da dove vive il rapitore.
2) Conversione all'Islam.
3) Produrre contratto di locazione di una casa o residenza in Tunisia.
4) Scegliere un buon avvocato; io ho trovato l'avvocatessa Insaf Riahi, molto determinata e preparata. L'astuzia dell'avvocato tunisino deve essere quella di cercare di scavare nel passato del coniuge, al fine di trovare delle incongruenze comportamentali.
5) Vivere continuamente in Tunisia per seguire pedissequamente l'andamento della situazione.
6) Cercare di non prendere contatto con la bambina (e questa stata la parte più dolorosa) e con la famiglia del padre, in quanto avrebbe potuto irritare il padre e i suoi familiari e minare l'equilibrio psico-fisico di Ambra. Le avrebbero parlato malissimo di me.
7) Durante le udienze con il Giudice, parlare al fine di non irritare lo stesso, cercando di mettere sempre in primo piano le esigenze della bambina; non parlare mai contro l'ex coniuge, al fine di far capire che non si sta intraprendendo una guerra contro di lui, ma una battaglia per riavere la bambina bisognosa della madre. Ambra ha circa 5 anni.
Così ho potuto riportare in Italia mia figlia che ora vive con me.
Il padre ha avuto reazioni scomposte ed stato arrestato dalla polizia locale. Egli non ha diritto di sapere dove mi trovo ove sono protetta da strutture dello Stato Italiano.
Queste sono le strategie da me adottate secondo le Sue indicazioni e spero che possano servire a chi, in questo momento, sta vivendo la mia stessa situazione.
In attesa di risentirci al più presto, le invio i miei più sentiti ringraziamenti.
Ornella Rita Sapio
La Signora Lucia Penazzi di Pesaro, recatasi in Libano, a Beirut per esercitare il suo diritto di visita nei confronti del figlio Yesser, da anni trasferito illecitamente col dal padre libanese, e' stata bloccata dalla polizia all'aeroporto di Beirut e le stato impedito di ritornare in Italia a causa di un blocco di espatrio richiesto dal marito medesimo, in osservanza al suo potere sulla moglie, nonostante sia in essere, da tempo, il procedimento di separazione anche in quel paese.
Lucia Penazzi si trova in Libano ed prigioniera delle leggi locali.
Questa notte al momento di partire per l'Italia con un volo diretto stata fermata alla frontiera dalla polizia che le ha detto che impossibilitata a uscire dal libano in quanto il marito che anni fa le ha portato via il bambino ha usufruito del fatto che essendo ancora sposati (in via di separazione) ha la potesta' anche su di lei, e con una sua semplice parola pu non permetterle di uscire, Per ora l'unico modo per uscire da l che lo stesso cambi idea.
Siamo in attesa di risposte.
Questa notte l'incaricata di turno al ministero esteri ha detto che lei non poteva svegliare nessuno a Beirut per un caso simile, nonostante le stato detto che Lucia si trovava in aeroporto da sola e con problemi di comunicare e di soldi. Per fortuna io da qua in Italia sono riuscito a contattare la famiglia dove era ospite che dopo circa due ore la hanno riaccolta a casa.
Questa mattina Lucia ha contattato l'ambasciata e questi hanno detto che oggi chiuso e che si adopereranno domani.
Siamo in attesa. Ma intanto lei e' prigioniera.
Email ricevuta in data 15 febbraio 2004:
Finalmente sono a casa.
Ieri alle 14.10 sono arrivata all'aeroporto Falconara Ancona,sono ancora frastornata di quello che mi successo, ma non voglio perdere l'occasione di ringraziare tutti coloro che si sono mobilitati per sostenermi e aiutarmi.
Dico grazie in particolare modo ai miei genitori e mia sorella che mi hanno sempre appoggiato per questa mia lotta nonostante le paure.
Ringrazio Mauro Guidi che mi sta aiutando e sostenendo.
Ringrazio al Signore Bruno Poli per i consigli legali e il sostegno.
Un altro grazie a tutte le Redazioni che mi hanno fatto sentire l'appoggio verso di me prima della citta' di Fano e ora anche quello del Italia intera.
Grazie a tutte quelle persone che in questi giorni mi hanno sostenuto emotivamente anche con i semplici sms ai quali per quanto ho potuto ho risposto.
Un enorme grazie lo devo alla Famiglia di Leila e Toni Barakat che mi hanno ospitato gratuitamente nella loro abitazione,senza farmi mancare niente e di sicuro mi hanno dato un enorme appoggio morale mettendo a rischio la loro persona.
Ringrazio il comitato di Fano che di sicuro continuera' ad appoggiarmi.
Grazie al ministro Tremaglia che si e' interessato al mio caso in prima persona.
Un'ultimo grazie e non piccolo lo devo alla Ambasciata Italiana di Beirut che lunedi' mattina in poche ore ha sciolto un nodo che fino a poco prima sembrava impossibile. Il tutto coordinato dal mio Avvocato locale George JABRE.
Solo grazie a tutti questi, e chiedo scusa se ho dimenticato qualcuno, sono riuscita ad ottenere tanto.
Innanzi tutto il tribunale Libanese mi ha riconosciuto il diritto di madre e il diritto di reinstaurare un rapporto Madre/Figlio con mio figlio Yesser. La sentenza per ora provvisoria prevede che io possa incontrare mio figlio due giorni alla settimana (venerdi' e domenica) in casa della famiglia paterna e senza la presenza del padre (mio ex marito), tutto questo con una persona incaricata del tribunale che dovra' controllare l'evolversi del rapporto Madre/Figlio, Persona che al termine degli incontri relazionera' il tutto al giudice e che mi costera' (purtroppo) 100 dollari a intervento.
Ora sono a casa e in attesa di avere certezze migliori e per non rischiare nuovamente che il mio Ex Marito faccia altri tentativi di bloccarmi o chissa' cosa. La cosa che garantisco che NON MOLLERO' MAI. Ritornero' da mio figlio con o senza certezze perche' sono la madre, e voglio continuare ad esserlo.
Grazie di nuovo
Lucia Penazzi